1 Giugno 2018
LE TECNICHE PITTORICHE DEI DIPINTI ANTICHI
Chi possiede dei dipinti antichi sarà interessato ad avere una stima del loro valore, conoscere la storia delle tecniche pittoriche è utile per orientarsi nel mercato dell’arte e poter fare una valutazione. Non sono solo i grandi autori ad avere quotazioni alte, molto influiscono anche la qualità tecnica, l’epoca di realizzazione, il tipo di opera e lo stato di conservazione. Ogni opera è unica e rappresenta un mondo a sé.
Continuando la lettura troverete qualche indicazione utile per orientarvi nel mondo dell’arte osservando un dipinto antico:
La pittura ad olio su tela
Un primo indicatore dell’epoca di un quadro è la tela. Pur non essendo una prova inconfutabile della datazione, la tela può indicare a grandi linee il periodo di realizzazione di un dipinto, perché veniva fabbricata in maniere diverse a seconda delle epoche: nel Cinquecento e nel Seicento le tele avevano dimensioni crescenti ed evidenti irregolarità nella trama; nell’Ottocento appaiono tele a trama finissima, grazie allo sviluppo delle tecniche di filatura.
Già prima del Cinquecento si usavano tele di canape o di lino incollate alle tavole, più tardi entrò in uso la cornice e l’uso delle tele sostenute da telai fu man mano preferito alle pesanti tavole. Così si potevano realizzare quadri di grandi dimensioni che erano facilmente trasportabili, infatti la tela poteva essere arrotolata e reinserita nella cornice una volta giunta a destinazione.
La tela veniva tirata e fissata sul telaio, poi doveva essere preparata per la pittura; a tal fine si utilizzava la tecnica dell’imprimitura che la rendeva impermeabile (così il colore non si spargeva sulla stoffa). Più la tela è fine e più consente di ottenere una pittura liscia e levigata.
La preparazione della tela varia in base alla scuola e all’epoca, ma sempre risultava fondamentale mantenere la tela elastica in modo che seccando non si sgretolasse. A tal fine veniva usata un’imprimitura a base di biacca e olio. Esistevano varie ricette per prepararla, che potevano comprendere svariati ingredienti: il Vasari nelle “Vite” descrive così il suo metodo:
“Ma per mettere in opera questo lavoro si fa così: quando vogliono cominciare, cio è ingessato che hanno le tavole o quadri, gli radono, e datovi di dolcissima colla quattro o cinque mani con una spugna, vanno poi macinando i colori con olio di noce o di seme di lino (benché il noce è meglio, perché ingialla meno), e così macinati con questi olii, che è la tempera loro, non bisogna altro, quanto a essi, che di stendergli col pennello. Ma conviene far prima una mestica di colori seccativi, come biacca, giallolino, terre da campane, mescolati tutti in un corpo et un color solo, e quando la colla è secca impiastrarla su per la tavola: il che molti chiamano la imprimatura”.
La tinta dell’imprimitura influenza i colori del dipinto: i pittori veneziani nel Cinquecento e Seicento usavano inserire nell’imprimitura anche le terre (colori in polvere) per avere uno sfondo già colorato. Questo agevolava i pittori nella resa dell’incarnato delle figure, poiché il fondo si usava come base per il dipinto.
Caravaggio usava invece delle terre bruno rossicce per preparare l’imprimitura, in questo modo disponeva di una tonalità cupa da cui partire per dipingere la pelle delle figure, la rendeva più chiara nelle parti in luce e la sfumava nello scuro per le parti in ombra.
Nel Settecento si usavano imprimiture rosse realizzate con il bolo armeno; nell’Ottocento invece si preferiva un’imprimitura candida perché il bianco di fondo aiutava a rendere il quadro luminoso.
La pittura a tempera su tavole di legno
Alcuni pittori amavano dipingere su tavole di legno più che su tela, in particolare nel Cinquecento si usava questo supporto. Il legno migliore per la pittura era il pioppo, perché presenta una trama compatta e poche imperfezioni (come nodi, fori, deformazioni, che nel caso dovevano essere stuccati per non guastare ildipinto nel tempo). Il pioppo era molto utilizzato dai pittori italiani, mentre i fiamminghi preferivano la quercia e l’abete.
Anche la pittura su tavola richiedeva una lunga e accurata preparazione del supporto. La tavola di legno dapprima doveva essere ben levigata, poi si eseguiva l’imprimitura con vari strati di colla animale e gesso. Il gesso serviva a creare una base uniforme di colore grigiastro, a cui si potevano applicare dei coloranti per ottenere un fondo colorato su cui dipingere.
Dopo aver eseguito il dipinto, lo si ricopriva con una mano di vernice protettiva, che preservava l’opera dal degrado e serviva anche a rendere più lucidi i colori e accentuare il contrasto tra luci e ombre.
La pittura su tavola è molto adatta alle tempere, colori che si ottenevano mescolando i pigmenti in acqua con un legante che li fa aderire al supporto. Le tempere richiedono una base piuttosto assorbente per una buona resa, a tal fine le tavole venivano preparate con un’imprimitura di gesso e colla.
In base al legante utilizzato, si ottenevano tempere magre o tempere grasse. Per le prime si usava un legante di origine animale, come l’uovo, la caseina di latte, le colle di animali, oppure vegetale come gomme e farine. Per le tempere grasse si aggiungevano anche olii grassi e resine come leganti.
La doratura
Tipico tratto che si ritrova con frequenza nei dipinti su tavola del Medioevo è la presenza di porzioni realizzate in oro. La tecnica di doratura più diffusa era quella a foglia d’oro, detta anche “a guazzo”, che richiedeva di stendere lo strato di oro prima dei colori, sulla tavola appositamente trattata.
Le foglie d’oro venivano applicate su un impasto formato da acqua, chiara d’uovo e argilla rossa (detta ‘bolo’), che asciugando riaffiora al di sopra dell’oro donandogli una tonalità calda e rossiccia. Si procedeva poi alla pittura delle altre parti, con colori a tempera o ad olio.
Dopo averla fatto asciugare la tavola, si passava alla brunitura delle parti in oro, che venivano così lucidate (con pietre dure o appositi strumenti) e permettevano di apporre decorazioni per incisione o impressione (con i punzoni), le quali potevano influire parecchio sull’effetto finale del dipinto.
I colori nei dipinti antichi
I colori sintetici arrivarono sul mercato verso la metà dell’Ottocento, fino ad allora i pittori fabbricavano da sé i colori con sostanze naturali.
L’invenzione dei colori in tubetto rese più semplice per gli artisti dipingere all’aria aperta, direttamente sul campo a contatto con il mondo vero, favorendo lo sviluppo dell’Impressionismo. Prima dei tubetti industriali, i pittori dipingevano nelle botteghe, nei laboratori; producevano i colori basandosi sulla propria esperienza del mondo e dando libero sfogo all’inventiva e alla sperimentazione.
Ogni pittore aveva le proprie tecniche per fabbricare i colori: Fra Galgario con una sua precisa miscela di elementi otteneva la famosa lacca rossa che brillava di luce intensa; Caravaggio utilizzava la polvere di lucciole per rendere brillanti e fluorescenti i colori e per creare dei tocchi di luce riflessa (ad es. su superfici metalliche, armature…).
Molte formule rimasero segrete, sappiamo solo che venivano impiegate sostanze vegetali, animali e minerali, polverizzate e lasciate depositare oppure messe a bollire.
La varietà cromatica che si riusciva ad ottenere con questi procedimenti non è riproducibile con gli odierni colori industriali. Nel 1864 il chimico Eugène Chevreul catalogò le tinte antiche: classificò 14.400 tonalità cromatiche, tutte ottenute con sostanze naturali. A partire dall’Ottocento, la gamma di colori diminuì sensibilmente, perché i pittori smisero di fabbricare i propri colori di volta in volta, preferendo la comodità di quelli già pronti nei tubetti.
Il disegno, tecniche antiche
Il disegno dell’opera veniva realizzato su un cartone e poi trasferito sulla tela. La tecnica classica prevedeva di bucherellare con un ago il cartone lungo le linee del disegno, per poi ripassare i fori con un liquido colorato che impregnava la tela e in questo modo l’artista riportava il disegno sulla tela da dipingere. Questa operazione era detta “spolvero”.
Per le opere di grandi dimensioni, questa operazione veniva svolta a pezzi: il disegno veniva suddiviso in vari quadrati da trasferire sulla tela uno per volta. Stava al pittore decidere se realizzare il disegno in modo dettagliato, oppure se limitarsi a delineare solo sommariamente le figure.
La cornice
La cornice a cassetta comunemente utilizzata per contenere ed impreziosire i quadri antichi e moderni comparve nella seconda metà del Quattrocento, quando alla pittura religiosa si affiancò quella profana, con soggetti di vita quotidiana e soprattutto ritratti. La cornice ha mantenuto la stessa struttura per tutti i secoli successivi: è costituita da un telaio che sostiene il dipinto e dei bordi con modanature, che hanno una funzione decorativa.
Le cornici in legno possono avere un valore anche molto elevato, se sono intagliate, dorate o rifinite in argento.
Il vetro di protezione che si sovrapporre alla tela è un’usanza introdotta nel Novecento; un dipinto antico dovrebbe essere lasciato aperto e senza vetro, perché questo è causa di degrado: tra la tela e il vetro si forma un microambiente soggetto a variazioni termiche. Inoltre il vetro non permette di osservare l’opera senza alterazioni di luce.
Riconoscere un autentico dipinto antico
Avere qualche conoscenza anche basilare della storia dell’arte e delle tecniche pittoriche è indispensabile per orientarsi tra gli stili, le tecniche e le epoche, in modo da potere fare una stima del loro valore.
Le quotazioni variano a seconda dell’autore, del tipo di opera, della qualità tecnica e dello stato di conservazione. Anche all’interno della produzione dello stesso autore quindi, i dipinti possono avere un valore molto diverso. La valutazione è commisurata alla qualità dell’opera e ai precedenti d’asta su opere delle stesse dimensioni o simili.
Nell’arte, come anche nel collezionismo, non possono esistere dei prezziari standard, perché non esiste un oggetto identico ad un altro, ma ogni opera è unica. Per avere una valutazione è sempre meglio rivolgersi ad un antiquario esperto; tuttavia se avete letto questo articolo ora saprete orientarvi almeno a grandi linee nel mercato dell’arte.