12 Settembre 2017
AGEVOLAZIONI FISCALI E NORMATIVE SULL'ACQUISTO DI OPERE D'ARTE E D'ANTIQUARIATO
Vantaggi fiscali sull’acquisto di opere d’arte
Sempre più persone decidono di investire nell’arte e nell’antiquariato, dedicandosi al collezionismo sia per passione che per opportunità. L’investimento nell’arte e nelle opere d’epoca porta con sé numerosi vantaggi: si tratta di beni sicuri che non rischiano la svalutazione, e assicurano all’investitore il godimento di un plusvalore estetico, dato che avrà le opere sempre a propria disposizione. Inoltre questa forma d’investimento è particolarmente vantaggiosa dal punto di vista giuridico e fiscale.
Di recente sono state introdotte delle nuove normative per incentivare e agevolare l’acquisto di opere d’arte anche da parte di società e imprese, con lo scopo di migliorare l’immagine aziendale o promuoversi attraverso la diffusione del patrimonio culturale.
- I privati non pagano la tassa sul Capital Grain in caso di plusvalenza dalla compravendita di opere d’arte.
- Le imprese che acquistano opere d’arte possono risparmiare l’IVA, quando l’opera contribuisce a migliorare l’immagine aziendale (collocata in uffici e stanze di rappresentanza o utilizzata a scopo pubblicitario). Le stesse regole delle imprese valgono per i professionisti che agiscono in quanto società (quindi con partita IVA).
- I professionisti hanno la possibilità di contare l’acquisto delle opere d’arte come costo annuo fino all’1% del proprio fatturato. Chi acquista opere al di sotto di tale valore, può risparmiare sull’aliquota fiscale una quota tra il 25% e il 40%.
- Le opere che hanno meno di 50 anni o sono state realizzate da autori viventi non necessitano di autorizzazione per l’esportazione.
Per la tutela e la valorizzazione dell’investimento nell’arte è opportuno prendere conoscenza degli adempimenti di natura legale necessari, ricordando che è sempre consigliabile avvalersi di consulenti specializzati in ambito sia giuridico che finanziario e artistico.
Al momento della compravendita ricordate sempre di munirvi di un valido titolo giuridico, ma prima di acquistare fate sempre fare una perizia e una valutazione dell’opera, per certificarne la provenienza e l’autenticità. Il certificato di autenticità e la dichiarazione di provenienza dell’opera sono documenti importanti, che vanno custoditi.
Infine, se avete acquistato più elementi, archiviate e catalogate tutte le opere d’arte che già fanno parte della collezione: ciò vi permetterà di valorizzarle al meglio e sarà un grande aiuto qualora voleste venderle o metterle in esposizione.
La normativa sulla libera circolazione delle opere d’arte
Lo scorso maggio è stato approvato il decreto Concorrenza, che ha introdotto delle modifiche all’articolo 68 del Codice dei Beni Culturali, con l’articolo 53, l’emendamento Marcucci ter intitolato “Semplificazione della circolazione internazionale di beni culturali”. L’emendamento va a modificare una normativa piuttosto data, risalente al 1909, e avvicina l’Italia alla normativa europea sulla libera circolazione delle opere d’arte.
Allungamento del vincolo temporale
Fino ad oggi, la soglia temporale oltre la quale le opere in possesso di privati possono essere dichiarate patrimonio culturale da parte del Ministero dei Beni Culturali, è fissata a 50 anni dalla data di realizzazione, e vige in caso di artista defunto. Con la nuova normativa, il vincolo temporale viene spostato a 70 anni. L’Italia si avvicina quindi alla normativa europea, che prevede invece la libera circolazione di opere d’arte dopo anche 100 anni dalla creazione.
Il ministero tuttavia mantiene la possibilità di vincolare a 50 anni le opere ritenute di eccezionale interesse culturale per il patrimonio italiano.
Il passaporto delle opere d’arte
Per portare un’opera all’estero, creata oltre 70 anni fa da un artista non più vivente, è necessaria l’autorizzazione di uno dei 19 Uffici Esportazione, che valuta se l’opera rivesta in interesse culturale (come stabilito dal Codice dei Beni Culturali) e concede o nega il via libera entro 40 giorni. Questo sistema permetteva di tutelare la preservazione del patrimonio artistico – culturale italiano.
Per agevolare l’uscita e il rientro delle opere dal territorio nazionale, la normativa introduce un “passaporto” della durata di 5 anni. Questo, assieme al registro informatico, favorisce la libera circolazione all’estero delle opere non vincolate.
Il minimum treshold per l’esportazione
In Italia, la soglia di valore al di sotto del quale le opere possono circolare liberamente, anche dopo i 70 anni, è fissata a 13.500 euro. Al di sopra di tale valore è necessaria la licenza di esportazione per portare le opere fuori dall’Italia. Gli Uffici Esportazione e la Soprintendenza dovranno saper valutare la congruità del valore dichiarato delle opere in uscita dal paese.
In caso di autocertificazione per l’esportazione di un’opera, può intervenire l’apposito Ufficio Esportazione e vietare l’uscita dal paese, dichiarandone l’interesse culturale, anche al di sotto del limite dei 70 anni, entro il termine di 60 giorni dalla presentazione della certificazione.
La soglia dei 13.500 euro è la più bassa in Europa, perché il Ministero ha introdotto una soglia unica per le varie categorie di beni. Negli altri paesi le soglie sono di gran lunga più elevate: in Francia è 150.000 euro per i dipinti, in Germania è 300.000 euro, in Inghilterra 180.000 sterline.
In Italia vige la norma dell’acquisto coattivo e preventivo: se lo Stato nega l’esportazione, può acquistare l’opera al prezzo di mercato, altrimenti vieta l’esportazione in via definitiva; ciò è un danno per i venditori che vedono il valore dell’opera ridimensionarsi fino al 50%. In Francia e Inghilterra esistono norme simili di tutela, ma se lo Stato nono dovesse acquistare l’opera entro 30 mesi, deve concedere il permesso per l’uscita dal paese; in questo modo si evita di penalizzare i privati.
Mercato e collezionismo
La normativa fiscale in Italia sembra favorire il collezionista privato “statico”, piuttosto che gli interessi degli operatori del mercato dell’arte (gallerie, case d’asta, antiquari…).
La proprietà di opere d’arte da parte di privati in Italia non genera alcuna imposizione di carattere patrimoniale. Inoltre, la cessione di opere a privati, non è soggetta all’imposta sulla plusvalenza.
Le norme fiscali in Italia sono favorevoli alla detenzione di opere d’arte da parte di privati; ciò non funziona altrettanto bene per il mercato delle opere d’arte, le cui norme non favoriscono lo sviluppo del settore. Per quanto riguarda l’imposizione sui redditi, vengono applicate le regole ordinarie per cui le variazioni delle rimanenze delle opere acquistate dalle gallerie rispetto alle esistenze iniziali concorrono a formare il reddito dell’esercizio; inoltre la cessione dei beni genera ricavi tassabili secondo le aliquote ordinarie, più alte rispetto a quelle degli altri Paesi.
La vendita di opere d’arte da parte delle gallerie è soggetta all’Iva del 22%, la quota massima applicata in Europa. Se la vendita è realizzata dall’autore o dai suoi eredi, l’opera è soggetta ad aliquota Iva del 10%. Anche l’importazione da paesi extracomunitari è soggetta a Iva del 10%, oltre ai dazi doganali.
Da questo scenario emerge un mercato dell’arte penalizzato dalle imposte, mentre viene favorito il possesso statico da parte dei privati.
Problematiche e perplessità:
Sono state sollevate delle perplessità sulla riforma della circolazione dei beni culturali: secondo Miguel Gotor (Mdp) la nuova normativa favorirebbe i mercanti d’arte e le case d’asta, ma limiterebbe le tutele per i beni culturali appartenenti ai privati, che vengono ridotti al solo valore di mercato.
Altre critiche che vengono mosse alla normativa derivano dal timore che il patrimonio culturale italiano, soprattutto del 900, venga svenduto all’estero, e non sia più tutelato.
Ma guardando i dati del Mibact (Ministero dei Beni, delle Attività Culturali e del Turismo), vediamo che nel 2016 sono state presentate 9.765 richieste di attestati per la libera circolazione internazionale, vi sono state dichiarazioni di interesse e acquisti coattivi da parte dello stato sui beni presenti agli Uffici Esportazione per un valore di 1.978.000 euro. Pertanto, si tratta in genere di opere dal valore contenuto, che non provocherebbero un “procedimento di svendita del patrimonio italiano”, come temuto da alcuni.